“Scienza, quo vadis?” è quello che avresti dovuto conoscere e che invece ignori.
Un po’ come giocare una partita a scacchi e non sapere che il cavallo muove a elle e che le torri possono spostarsi sia in orizzontale che in verticale.
Facile, vero?
No.
Non è facile per niente.
Il risultato della contesa può essere scontato e soccombere diventa cosa (quasi) certa.
Nell’infinita classificazione dei bisogni umani, che sia nell’eccezione utilitaristica e materialistica di Marx o nella visione kantiana del soddisfacimento del bisogno razionale che media una crescente insoddisfazione e inquietudine, il senso di mancanza ritorna spesso anche se in forme molto diverse.
Nel mio caso la mancanza è stata percepita come perdita irrazionale di un bisogno che in realtà non sapevo nemmeno di avere. Nello specifico un testo: “Scienza, quo vadis?” di Gianfranco Pacchioni.
Nella mia folle corsa verso la conoscenza, ho sempre elevato la Scienza a deux ex machina della comprensione del mondo moderno, unica cura all’imperante relativismo culturale che ci circonda e che fagocita persone e idee.
La scienza: bastione inespugnabile e super partes del mondo moderno, elevata a signora e padrona della coscienza razionale collettiva, collante e faro luminoso del progresso del genere umano. Niente popò di meno che.
Puttanate.
Scienza, quo vadis?
Avrei voluto aver letto questo libro prima della pandemia di #covid19
Svegliarsi dal sogno è forse più doloroso del non sognare per niente.
Aprire gli occhi e rendersi conto di aver ceduto alle lusinghe delle sirene, quando invece ti vedevi novello Ulisse legato mani e piedi all’albero maestro della nave, fa male. Molto male.
Sentirsi trasportato in una deriva verso le Colonne d’Ercole della conoscenza, unico tra i sordi, mi aveva dato quella sensazione di “giusto tra i giusti”, elevandomi da dormiente a sveglio, degno della compagnia elitaristica di Eraclito da Efeso.
Stronzate.
Parli con chi di scienza ci vive. Apri la mente, i chakra e pure il terzo occhio.
Ti ci siedi davanti, faccia a faccia, caffè fumante incluso. Il profumo della miscela Illy ti inebria e ti mette di buon umore.
Lui, sgranocchiando tranquillamente un cornetto al cioccolato ti dice: «leggiti “Scienza, quo vadis?” di Gianfranco Pacchioni. Ti sarà utile.»
E tu che fai?
Vai alla Lovat, ordini il libro e lo leggi come fosse il regno di Arendelle contro gli ultra corpi mannari idrofobi.
Non ti fai domande: ubbidisci e basta.
Tutto d’un fiato, in poco più di un giorno, polverizzi le 140 pagine del volume edito da Il Mulino.
Prendi appunti, sottolinei e imprechi come un camallo ubriaco.
Passi dallo scettico al disinvolto, dall’incredulo al rabbioso in poco più di ventiquattr’ore.
E bestemmi, ti insulti, cerchi il cilicio che conservi da “Il Codice da Vinci” che spacciavi come verità di (altrui) fede. Una fede con non ti è mai appartenuta, giusto per correttezza di narrazione.
«Ma come ho fatto a essere così coglione», ti dici mentalmente mentre stringi con enfasi il bracciale di spine attorno al quadricipite femorale.
La Metamorfosi
“La scienza è una delle poche attività umane dove i protagonisti sono al tempo stesso giudici e imputati”, leggo da pagina 62.
La coltre di nebbie che stagnano nel mio cervello iniziano, lentamente, a scomparire.
Il libro raccoglie tutte le esperienze e le considerazioni di chi la scienza l’ha vissuta in prima persona, tastandone ogni spigolo, assaporandone ogni contrasto, guardandola direttamente dall’interno come fosse una propria creatura senziente. E l’immagine che ne esce, in molti casi, non è per niente edificante.
Arranco, faccio fatica a credere. Rileggo passi e fatti – ripeto, fatti non opinioni – che mi lasciano con un palmo di naso. Non ho mai creduto al dogma della scienza ma, a essere schietto e sincero, ho sempre riposto molta fiducia nel metodo scientifico, specialmente negli ultimi, difficilissimi anni.
E non parlo di “fare il tifo” come si parla nell’articolo di Alessandro Sala (che ringrazio pubblicamente per l’imbeccata), ma di quel modo di pensare, positivo e propositivo, di chi ha sempre creduto che i progressi scientifici hanno sempre contraddistinto l’evoluzione umana e lo sviluppo del senso critico in noi povere bestie ignoranti. Con buona pace di chi si informa sui video di YouTube e li spaccia per verità imprescindibile che Mosè con le leggi scansate proprio.
Mi sono svegliato tutto sudato, leggendo, e mi sono reso conto di quanto il mondo che pensavo perfetto fosse in realtà lontano da quello reale.
Ma ne sono stato felice. Sotto un altro punto di vista aprire gli occhi, ampliare le conoscenze grazie al dialogo, alla ricerca e alla scoperta, sono i tratti fondamentali di questo mio blog e il senso dei miei personali “Dialoghi sopra i massimi sistemi”.
Una ricerca continua fatta assieme a chi può condividere conoscenza e regalarla a chi non ha preclusioni mentali, a chi non tifa e non parteggia come fosse una battaglia tra Guelfi e Ghibellini.
L’amaro resta
Guardo gli anni del Covid con occhi nuovi, anche se resto convinto di aver scelto sempre in maniera ponderata alimentando sempre il mio beneficio del dubbio.
Ma testi come questo, per formare un nuovo senso critico, dovrebbero essere di pubblico dominio, non i testi di sconosciuti influencer, non la solita paccottiglia creata ad arte dalle multinazionali della “cultura” impegnate in una costante e castrante disinformazione a livello globale.
Nel lontano 2017 il Professor Pacchioni scriveva: «quando il parere di spregiudicati millantatori senza alcuna competenza specifica viene affiancato con lo stesso rilievo e la stessa risonanza a quello di uno specialista riconosciuto dal campo, con anni di esperienza alle spalle e una ricca produzione all’attivo, non si fa democrazia. Si fa danno.»
Lette con il senno del poi, queste parole, provocano un rumore sordo, cavernoso, nel sottilissimo spazio tra anima e mente.
Non lo senti quel fottuto rumore?